Il servizio di reperibilità nel giorno festivo non dà diritto ad un riposo compensativo per il prestatore, ma soltanto ad un trattamento economico aggiuntivo.

Lo ha precisato la sezione lavoro della Cassazione, con sentenza n. 26723 del 18 dicembre 2014, accogliendo il ricorso dell’Asl contro la sentenza della Corte d’Appello di Roma che, a conferma della decisione del giudice di primo grado, rigettava l’opposizione dell’azienda sanitaria avverso i decreti ingiuntivi emessi su istanza di alcuni medici ed operatori sanitari a titolo di differenze retributive relative a giorni di riposo non goduto, avendo gli stessi prestato servizio di pronta reperibilità nei giorni festivi.
La vicenda. La Corte si è trovata alle prese con medico, che per essersi mostrato disponibile in un giorno festivo, aveva ottenuto un riposo compensativo senza riduzione dell’orario di servizio settimanale. In ragione di ciò – si legge nella sentenza di merito – non poteva sorgere alcun dubbio sul diritto del lavoratore a ottenere la compensazione monetaria afferente la mancata fruizione del riposo compensativo nelle giornate di pronta reperibilità per cui era in causa. Secondo i Supremi giudici, invece, la reperibilità, prevista dalla disciplina collettiva del comparto sanità, si configura come una prestazione strumentale e accessoria, qualitativamente diversa dalla prestazione vera e propria di lavoro, consistendo nell’obbligo del lavoratore di porsi in condizione di essere prontamente rintracciato, fuori dal proprio orario di lavoro, in funzione di un’eventuale prestazione lavorativa.
Remunerazione e non riposo aggiuntivo. Conseguentemente il servizio di reperibilità svolto nel giorno di riposo settimanale limita soltanto,ma senza escluderlo del tutto, il godimento del riposo e comporta il diritto a un particolare trattamento economico aggiuntivo stabilito dalla contrattazione collettiva o in assenza determinato dal giudice.

Conclusioni. Secondo la Corte, infatti, l’ipotesi di concedere un eventuale riposo compensativo non trova origine nell’articolo 36 della Costituzione che origine nell’articolo 36 della Costituzione che regolamenta il lavoro e la retribuzione. Perchè se il lavoratore avesse patito una lesione del proprio diritto al riposo dovrebbe dimostrare l’entità del danno non patrimoniale subito e l’entità del diritto leso. Nel caso concreto, tuttavia, il medico non ha sollevato alcuna eccezione in merito e, quindi, è stata accolta la tesi dell’Asl per il trattamento economico aggiuntivo ad hoc
Insomma, contrariamente a quanto rilevato dalla corte di merito, la Cassazione ha preliminarmente affermato che “la reperibilità prevista dalla disciplina collettiva, si configura come una prestazione strumentale ed accessoria qualitativamente diversa dalla prestazione di lavoro, consistendo nell’obbligo del lavoratore di porsi in condizione di essere prontamente rintracciato, fuori del proprio orario di lavoro, in vista di un’eventuale prestazione lavorativa; conseguentemente il servizio di reperibilità svolto nel giorno destinato al riposo settimanale limita soltanto, senza escluderlo del tutto, il godimento del riposo stesso e comporta il diritto ad un particolare trattamento economico aggiuntivo stabilito dalla contrattazione collettiva o, in mancanza, determinato dal giudice, mentre non comporta, salvo specifiche previsioni della contrattazione collettiva, il diritto ad un giorno di riposo compensativo, il cui riconoscimento, attesa la diversa incidenza sulle energie psicofisiche del lavoratore della disponibilità allo svolgimento della prestazione rispetto al lavoro effettivo, non può trarre origine dall’art. 36 della Costituzione”.
Tuttavia, ha rilevato la S.C., la mancata concessione del giorno di riposo può essere “idonea ad integrare un’ipotesi di danno non patrimoniale (per usura psico-fisica) da fatto illecito o da inadempimento contrattuale, che è risarcibile in caso di pregiudizio concreto patito dal titolare dell’interesse leso, sul quale grava però l’onere della specifica deduzione e della prova”.
Atteso che nel caso di specie (in cui si verteva in materia di c.d. “reperibilità passiva” ovvero in assenza di prestazione lavorativa), non era stato dedotto né tanto meno provato da parte dei lavoratori un danno non patrimoniale da usura psicofisica, la Cassazione, dando continuità all’orientamento consolidato in materia, ha, come detto, accolto il ricorso, cassando la sentenza della Corte d’Appello e revocando i decreti ingiuntivi opposti

Fonte: sole24ore, StudioCataldi.it

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