Causa vinta, e l’Agenzia delle Entrate affila le armi chiedendo 373mila 806,75 euro E’ successo a molti dei tanti medici che sono usciti vittoriosi dalle cause collettive per ottenere il risarcimento degli anni di specializzazione non retribuiti a suo tempo, come impone una direttiva europea del 1976, ma recepita in Italia molti anni dopo.

Ma andiamo ai fatti: a gennaio 2012 centinaia di camici bianchi hanno festeggiato per la sentenza del tribunale di Roma che ha riconosciuto le loro istanze: dopo un anno ognuno ha ricevuto tra i 40 e i 50mila euro, in base agli anni di specializzazione. Ora, la batosta dall’Agenzia delle Entrate, che chiede a tutti gli interessati una somma enorme, calcolata sull’entità totale del risarcimento da parte dello Stato, per l’ imposta di registro della sentenza. Da ognuno, in pratica, si pretende non la porzione dovuta, e cioè al massimo il 3 per cento di quanto ottenuto, ma l’intero. E poi il medico che ha pagato per tutti dovrebbe rivalersi pro quota sugli altri. Una cifra mille volte superiore a quella che è stata liquidata al medico. Se pagassero tutti, l’Agenzia incasserebbe oltre 150 milioni di euro. Un errore, senza dubbio.

Il Codacons, che ha gestito questo come tanti altri ricorsi analoghi, sta preparando la controffensiva e ha inviato una diffida alla presidente dell’Agenzia Rossella Orlandi, denunciando anche lo «stress psicofisico» provocato agli interessati con potenziali accuse per abuso in atti d’ufficio e altri reati. Nel merito, poi, il Codacons sostiene che metà della cifra complessiva, 187mila euro, sarebbe a carico dello Stato e solo l’altra metà da suddividere tra i 400, che dovrebbero pagare solo 107 euro per ogni anno risarcito.

In questo momento i medici devono decidere come impugnare la cartella d’imposta, entro 60 giorni: chiedere individualmente il riesame della singola posizione o contestare l’avviso di liquidazione in via stragiudiziale e magari arrivare al ricorso in commissione tributaria. Si tratta in ogni caso, di pagare almeno 1.500 euro, per le spese legali, per poi chiedere un risarcimento dell’ulteriore danno per spese ingiuste.

La storia di queste vertenze arriva da una decisione di Bruxelles, da quando cioè l’Europa impose di pagare il lavoro dello specializzando, direttiva ignorata per anni dall’Italia. Da quando è stata recepita, nessun risarcimento è arrivato spontaneamente ai medici e tutti quelli che ne hanno diritto hanno cominciato a fare causa allo Stato, che puntualmente ha perso. Tanto che ora sembra che il governo sia orientato a chiudere il contenzioso con una transazione.

«La richiesta così come formulata è folle e del tutto illegittima», avverte il Codacons nell’e-mail inviata ai medici coinvolti. «L’Agenzia ragiona con palese illogicità: chiede il totale a tutti, per riuscire, ovviamente, a farsi pagare l’intero almeno da uno. Poi spetterebbe a costui chiedere, come suo diritto, quanto pagato per tutti facendosi carico di agire in giudizio contro gli altri interessati che non hanno pagato. Una tale pretesa oltre che illegittima appare, a dir poco, aberrante».

Alla base di tutto questo ci sarebbe un imperdonabile errore da parte dell’Agenzia, un modo di procedere bocciato anche dalla Cassazione. Diverse sentenze, infatti, precisano che in caso di più azioni esercitate nello stesso processo per ragioni pratiche, il pagamento dell’imposta di registro per una sentenza «con pluralità di parti non grava indiscriminatamente su tutti i soggetti che hanno preso parte». I 400 creditori hanno fatto causa insieme, ma ognuno ha la sua diversa posizione. E certamente non deve allo Stato 300mila euro per vedere riconosciuto un suo diritto. Insomma se arrivasse la transazione sarebbe tutto più facile.

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